martedì 1 febbraio 2011

Dandy Hybris

E che dovrei fare? Cercarmi un protettore? Trovarmi un
padrone? Arrampicarmi oscuramente, con astuzia, come l'edera che lecca
la scorza del tronco cui si avvinghia, invece di salire con la forza?
No, grazie.

Dedicare versi ai ricchi come qualsiasi opportunista? Fare il buffone
nella speranza vile di vedere spuntare sulle labbra di un ministro un
sorriso che non sia minaccioso?
No, grazie.

Mandar giù rospi tutti i giorni? Logorarmi lo stomaco? Sbucciarmi le
ginocchia per il troppo genuflettermi? Specializzarmi nel piegare la
schiena?
No, grazie.

Accarezzare la capra con una mano e annaffiare il cavolo con l'altra?
Avere sempre a portata di mano il turibolo dell'incenso in attesa di
potenti da compiacere?
No, grazie.

Progredire di girone in girone, diventare un piccolo grande uomo da
salotto, navigare avendo per remi madrigali e per vele sospiri di
vecchie signore?
No, grazie.

Farmi pubblicare dei versi a pagamento dall'editore Sercy?
No, grazie.

Farmi eleggere papa da un concilio di dementi in una bettola?
No, grazie.

Affaticarmi per farmi un nome con un sonetto invece di scriverne degli
altri?
No, grazie.

Trovare intelligente un imbecille? Essere angosciato dai giornali e
vivere nella speranza di vedere il mio nome apparire sulle riviste
letterarie?
No, grazie.

Vivere di calcolo, ansia, paura? Anteporre i doveri mondani alla
poesia, scrivere suppliche, farmi presentare?
No, grazie. Grazie, grazie, grazie, no!

Ma invece... cantare, ridere, sognare, essere indipendente, libero,
guardare in faccia la gente e parlare come mi pare, mettermi − se ne
ho voglia − il cappello di traverso, battermi per un sì per un no o
fare un verso!

Lavorare senza curarsi della gloria e della fortuna alla cronaca di un
viaggio cui si pensa da tempo, magari sulla luna!
Non scrivere mai nulla che non sia nato davvero dentro di te!
Appagarsi soltanto dei frutti, dei fiori e delle foglie che si sono
colte nel proprio giardino con le proprie stesse mani!
Poi, se per caso ti arriva anche il successo, non dovere nulla a
Cesare, prendere tutto il merito per te solo e, disprezzando l'edera,
salire − anche senza essere né una quercia né un tiglio − salire,
magari poco, ma salire da solo!
(Edmond Rostand, Cyrano de Bergerac, Atto II Scena VIII)

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