martedì 14 ottobre 2008

Dandy Ogygia

Ogigia, l'isola di Calipso, colei che cela. Ogigia, l'isola dei morti perchè sempre viva ma di una vita oscuramente luminosa, mortalmente rigogliosa con quell'aria rarefatta e bianca, algida e troppo perfetta. Un'isola staccata dal mondo dove i fiori dei morti come il sedano e la viola prosperano, dove gli alberi dei cimiteri come l'ontano, il cipresso, il pioppo nero e il salice piangente ospitano gli emblemi alati della morte i gufi, gli sparvieri, i corvi. Un'isola dove la morte non è la fine della vita ma un immobile sprofondare nella sabbie mobili del tempo, un posto dove la vita eterna diventa simile alla morte perchè simile alla sospesa beatitudine di un paradiso fittizio. La vita esplode in Ogigia con le sue fonti d'acqua pura, con i suoi tralci di vite, con le sue spiagge bianche ma come fanno le stelle implode in un atemporalità costante, in un silenzio assordante, in una pace che rende folli. Ogigia l'isola della non-morte, della deprivazione sensoriale, dell'eterno limbo.

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